Caro Babbo Natale la festa dipende dal regalo che si riceve


Ma anche il tappo di bottiglia a forma di cigno o il nanetto di porcellana sono simbolo di qualche cosa di più grande
 
Giacomo Poretti
A partire da questa domenica si entra nel tempo dell’Avvento, che culminerà con il Natale. Tradizionalmente, a partire da oggi, tutta la nazione si mobilita per preparare la festa più bella dell’anno: i commercianti appendono le luminarie per le strade, i Comuni fanno a gara tra di loro per allestire l’albero più alto delle sequoie di Yellowstone, le famiglie stilano il menù, dal «vol-au-vent» ripieno di insalata russa fino al panettone con il mascarpone, i bambini vanno a letto la sera della vigilia e nella notte sognano di essere adottati e il mattino, al risveglio, di avere per genitori i coniugi «Toy Centers». 

In periodi in cui la locomotiva dell’economia correva veloce e spensierata Babbo Natale era incaricato di portare i doni a tutti i piccini, ma soprattutto di incassare la tredicesima delle famiglie e rendere, così, felici i rilevatori dei consumi, i quali esultavano, registrando incrementi di percentuali rispetto all’anno precedente da capogiro.
Quanto più si era speso più il Natale era stato felice: per i bambini, per i genitori, per le aziende e per lo Stato, che aveva incassato l’iva.

Il Natale ha per davvero la forza di trasformare e migliorare le persone: gente che, per carattere, per carenza genetica o difetto culturale, non possiede dentro di sé il concetto del regalo, in prossimità del 25 dicembre, miracolosamente, si trasforma e addirittura fa pianificare al proprio ufficio marketing un preventivo dei costi per la confezione panettone-spumante destinata al dipendente, il cesto enogastronomico per i quadri intermedi, la cassetta di vini pregiati per i consiglieri di amministrazione e la stilografica griffata per i partners esteri.

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